Non troppi anni fa, l’autunno caldo aveva un significato ben preciso. Si trattava di un modo per indicare le rivolte/rivendicazioni sindacali.
StatGroup-19 is a scientific research group spontaneously born out of the desire to study and analyze the worldwide spreading outbreak of the CoviD-19 syndrome, due to the SARS-CoV-2 virus. StatGroup-19 è un gruppo di ricerca scientifica nato spontaneamente per studiare l'epidemia di CoviD.19.
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sabato 18 settembre 2021
Autunno Caldo
martedì 20 aprile 2021
Riaprire o non riaprire?
lunedì 15 marzo 2021
Dalla Zona Rossa
“Se ha una laurea scientifica e dice quello che vuoi, allora va bene”. Questa frase racchiude quello che succede quotidianamente nella comunicazione. Si hanno delle opinioni e si cerca qualcuno titolato pronto a supportarle.
Il nostro lavoro non funziona così. Non siamo qui a supportare le opinioni di alcuni a discapito di altri. La ricerca per essere autorevole deve lasciar fuori le opinioni personali, altrimenti perde di credibilità. Anche noi e i risultati delle nostre analisi spesso veniamo messi in discussione. Un po’ fa parte del gioco. Parlare, raccontare, fare ricerca ti espone a critiche e commenti.
La parte meno piacevole è che alcuni commenti, anche di stimati colleghi, non siano posti sul piano scientifico, ma travalichino l’aspetto accademico per diventare attacchi personali.
La nostra decisa presa di posizione sulla gestione dei dati dell’epidemia è ovvio che non faccia piacere a qualcuno e che invece possa essere strumentalizzata da altri.
Noi però non ci stiamo. In entrambi i casi, il nostro contributo è di natura pratica, vuole portare ad interventi mirati per una migliore gestione della situazione, che resta emergenziale. La polemica, la strumentalizzazione politica, non è per noi di alcun interesse.
Qualcuno ci chiede “cosa proponete?”, è facile criticare, molto più difficile costruire.
In questi mesi, i nostri lavori scientifici (argomentazioni verificate e scrutinate da altri tecnici) sono stati e sono in corso di pubblicazione su riviste importanti in ambito statistico e non solo. Abbiamo costruito modelli di previsione che possono (avrebbero potuto essere) utilizzati dai decisori politici. Non siamo gli unici (RobBayes, Covistat…). Le proposte, concrete, sono molteplici. Si potrebbero, ad esempio, assumere i disoccupati per riprendere il contact tracing. Realizzare campagne rapide di monitoraggio nelle scuole, somministrando tamponi salivari agli allievi e processandoli con la tecnica del pooled sample testing, in cui cinque (o più) tamponi vengono analizzati insieme in laboratorio: se il pooled sample risulta negativo, significa che tutti i singoli tamponi sono negativi e non occorre fare altre analisi; se il pooled sample è positivo, si torna ad esaminare i cinque tamponi uno per uno per individuare il (o i) positivo/i. (una tecnica che fa risparmiare moltissimo tempo e denaro, e che avevamo proposto, inascoltati, già un anno fa). Ancora, sarebbe opportuno usare i laboratori universitari in modo da non gravare ulteriormente sulla sanità pubblica. Istituire dei campioni di sorveglianza, gestiti dall’Istat che ha tutte le competenze per selezionarli e gestirli, sempre impiegando nella gestione operativa degli stessi personale formato ad hoc e assunto per l’occasione. Creare una rete di laboratori regionali che, a turno, sequenzino settimanalmente un elevato numero di tamponi positivi per determinare l’effettiva diffusione delle varianti. Insomma, le proposte concrete non ci mancano affatto: sono mesi che gli statistici, tutti insieme, provano ad alzare la voce e a farsi sentire. Noi siamo solo un mezzo.
Eppure c’è chi ancora pensa che sia interesse personale, brama di visibilità. Chi ci conosce sa che abbiamo uno spiccato senso delle istituzioni, noi ci identifichiamo con lo stato, con le istituzioni per cui lavoriamo. Non vediamo l’ora, come tutti, che questo momento passi per tornare alle nostre vite, fatte di cene, calcetto, mare, montagna, famiglia, tango, aikido, e soprattutto viaggi.
E per oggi dalla zona rossa (di vergogna) è tutto.
Come un anno fa
È passato un anno dall’inizio della pandemia. Noi siamo riusciti a mettere in piedi un gruppo di ricerca a partire da una chat di Facebook e senza mai incontrarci di persona (o quasi). Abbiamo messo in piedi modelli di monitoraggio e di previsione verificandone l’affidabilità e l’accuratezza, giorno per giorno, prima di renderli pubblici. Li abbiamo fatti valutare e commentare da altri colleghi, che hanno ritenuto fossero validi per essere pubblicati su riviste scientifiche di prestigio. Abbiamo avviato collaborazioni nazionali e internazionali, fatto un quintale di seminari, parlato con i giornalisti, e fatto amicizia con molte persone belle e nuove. Abbiamo insomma armato “una gran caciara” per studiare, proporre, immaginare soluzioni e azioni in questo momento terribile. E siamo solo 5. In Italia ci sono moltissime persone di grande competenza, su svariati temi (disegno campionario ad esempio) e costoro, come noi, riflettono, propongono, immaginano. Cervelli al lavoro in ogni dove, alcune eccellenze internazionali coinvolte, un dibattito scientifico davvero straordinario. Eppure, qualcosa non funziona. Davvero c’è qualcosa che non va. Con tutta questa intelligenza, competenza e tonnellate di idee a disposizione qual è l’unica soluzione al momento disponibile per “gestire” l’epidemia? Chiudere tutto…. Nonostante questa sia la situazione dell’incidenza settimanale nelle varie regioni. Il CTS e di conseguenza il governo, utilizza Rt stimato usando informazioni relative alla Lombardia a inizio marzo 2020 come punto di partenza e altre “finezze” metodologiche che lasciamo stare. Manca la cultura statistica, mancano le competenze adeguate per analizzare i dati. Proposte ne abbiamo. Tutti noi statistici lavoriamo da tempo per metterle a disposizione dei decisori. Sicuri che non ci sia un approccio migliore che l’uso di Rt e di un diagramma di flusso deterministico per decidere della quotidianità di tutti noi?
mercoledì 3 marzo 2021
Compleanno

domenica 28 febbraio 2021
Scienziati e palcoscenico
Gli scienziati sono dei creativi, un po' come gli artisti. Come gli artisti vivono in ambienti molto competitivi, quindi sviluppano una grande determinazione durante la vita lavorativa. E, sempre come gli artisti, molti sviluppano un ego ipertrofico. Il rigore scientifico passa in secondo piano, la deontologia professionale viene piegata a beneficio di sé e del titolo sul giornale. Si diventa complici del giornalismo di bassa lega, chiamando "evidenza chiarissima' un qualcosa che è SOLO una correlazione. Per poi tuonare contro un collega altrettanto tronfio, al grido di" correlation is not causation" (in inglese che fa più cultura moderna).
Lo scienziato è umano, soggetto ai desideri e alle passioni, ma anche, e soprattutto, alle responsabilità. In modo particolare ora, in questo momento in cui la confusione è enorme, in cui gli egomaniaci, a furia di gridare tutto e il contrario di tutto, hanno reso la scienza un'opinione.
domenica 14 febbraio 2021
Lockdown: sì, no, forse. Il problema è il perché.
domenica 10 gennaio 2021
Uno, nessuno, centomila oppure two is megli che uan?
Di che colore siamo oggi? E’ la domanda che ogni mattina facciamo alla prima persona che vediamo. Come nel gioco “strega comanda colore” abbiamo smesso di chiederci il perché della scelta del colore, quasi rassegnati. Abbiamo parlato di 21 indicatori, pensati e costruiti per decidere su ciò che possiamo e non possiamo fare. Troppi, ridondanti e basati su dati sempre troppo datati per fornire una risposta tempestiva in caso di emergenza. Abbiamo scoperto cosa fosse Rt e che pochi decimali di Rt sono preziosi per rimanere “gialli” e non passare “arancioni”. Come se ci fosse solo un modo per stimare Rt, come se fissare il tempo di generazione, necessario alla stima di Rt, ai valori stimati per la Lombardia a febbraio avesse qualche senso logico. Rt, come stella polare dell’epidemiologia italiana; forse l’unica cosa che sanno calcolare tutti, visto che c’è EpiEstim in R che lo fa per noi.
A nostro avviso, le decisioni è meglio prenderle sui dati osservati e aggiornati. Visto che la loro eterogeneità è già grande (i dati pubblici sono tutt’altro che “puliti”), perché rendere tutto ancor più incerto andando a stimare valori di cui non conosciamo l’affidabilità?
Se il nostro scopo è bloccare una zona quando la pressione sul sistema sanitario è potenzialmente insostenibile, dobbiamo utilizzare indicatori che ne tengano conto e indicatori che ci permettano di capire lo stato del contagio. Le strade da seguire possono essere molteplici, ma ci hanno insegnato che si debba partire da cose semplici e, se non sufficienti, muoversi verso approcci più complessi.
E allora cominciamo da qui: non un solo indicatore ma due. Ad esempio prendiamo l’incidenza settimanale (sulla popolazione residente in una regione) e l’occupazione media delle terapie intensive settimanale rapportata al numero di posti letto. Con questi due indicatori su di un grafico, stabilendo, come esempio, le due soglie (30% per le terapie intensive e 250 contagi per 100mila abitanti) già utilizzate dal governo o proposte dal CTS, si ottiene quanto riportato nel grafico: Marche, Friuli, Trentino e Veneto in zona rossa, 5 regioni in zona arancione e il resto giallo.
Va detto che la situazione è complessa, ad esempio la Calabria effettua meno di 1500 tamponi settimana per mille abitanti, fanalino di coda del paese, sembra che proprio non faccia attività di sorveglianza. Magari due indicatori basati su dati osservati non bastano, ma almeno sappiamo esattamente perché oggi siamo gialli e domani arancioni
martedì 5 gennaio 2021
Vaccini e comunicazione
Una breve nota su come la comunicazione di massa stia affrontando in modo spesso approssimativo questioni molto delicate, come quella dei vaccini.
Due definizioni fondamentali.
Incidenza: rapporto fra il numero di nuovi casi osservati in un fissato periodo di tempo e il numero di persone nel gruppo (o popolazione) di riferimento.
Prevalenza: rapporto fra il numero di casi attivi in un dato istante di tempo e il numero di persone nel gruppo (o popolazione) di riferimento
Come si misura l'efficacia di un vaccino? Si misura con il rischio attribuibile. Il rischio attribuibile si stima come (incidenza nel gruppo placebo - incidenza nel gruppo dei vaccinati)/(incidenza nel placebo).
Il Corriere della Sera (https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/covid-vaccino-quante-probabilita-ci-sono-chi-guarito-ricontagiarsi-immune-immuni/f1fd386a-42c5-11eb-a388-78033ff67873-va.shtml) ci propone un’analisi interessante, tanti numeri, molti commenti, poca statistica. A prima vista, soprattutto visto che a promuoverla a Milena Gabanelli, c’è da fidarsi. Eppure, c’è qualcosa che non va. Che senso ha confrontare
l’efficacia stimata del vaccino (il rischio attribuibile) con il numero di reinfezioni (l’incidenza)? La risposta è semplice, non ha alcun senso. E’ come confrontare le pere con la patate fritte.
Anche volendo ricavare il rischio attribuibile di reinfezione, bisogna fare molta attenzione.
Infatti, l'incidenza si riferisce sempre ad un intervallo di tempo, e quell'1.8% di reinfezioni che riporta il Corriere non è riferito allo stesso intervallo di tempo in cui è stato valutato il vaccino. Il calcolo del rischio attribuibile ha senso solo finché le incidenze sono riferite allo stesso intervallo di tempo, con analoga circolazione e trasmissibilità del virus (quindi nella stessa area geografica come minimo). L'incidenza non è intrinseca al virus, ma è frutto dell’interazione tra questo e la popolazione.
La domanda stessa che si pone il Corriere ha poco senso.
Un vaccino si valuta in termini di rischi (di eventi avversi), costi, e benefici. Il vaccino Pfizer, approvato, e quello Moderna, in approvazione, sono vaccini sicuri ed efficaci. I benefici in termini sanitari, sociali ed economici sono talmente maggiori dei rischi, che è inutile anche discuterne. Solo chi ha pregiudizi, o manie di complottismo, può pensare il contrario. EMA e AIFA sono organi indipendenti che valutano benefici e rischi, per poi prendere decisioni consapevoli e basate su evidenze scientifiche.
Il modello Svezia ha ampiamente fallito (https://doi.org/10.1093/ectj/utaa025). La via per tornare alla normalità è il vaccino, l’abbiamo appena intrapresa, ci vorrà tempo, ma abbiamo la certezza che ne usciremo.
sabato 28 novembre 2020
Il Manifesto
Lotta al COVID-19: sono necessari dati di alta qualità per le analisi e competenze adeguate per analizzarli
Perché dati accessibili
Perché competenze adeguate
sabato 21 novembre 2020
Scienza, statistica e democrazia
Questo bel monologo di Alessia Ciarrocchi a #propagandalive ci ha dato lo spunto per una riflessione. La Scienza di cui ci parla Alessia Ciarrocchi, quella che incarna i valori democratici, nasce alcuni secoli fa, quando Galilei rivoluziona il modo con il quale si guardava la natura. Galilei formalizza qualcosa che si muoveva nel pensiero del suo tempo: il metodo scientifico.
Da allora studiare la realtà segue un percorso rigoroso che si fonda sull'osservazione di un fenomeno, la formulazione di una possibile spiegazione dello stesso, che poi và validata raccogliendo (opportunamente) osservazioni ed analizzando i risultati dell'osservazione (esperimento). Da questi risultati si decide se accettare, rigettare o modificare parzialmente la spiegazione data e poi ripartire con lo stesso procedimento.
In questa descrizione del metodo scientifico si vede subito dove entra la Statistica. E' il pilastro di questo percorso di ricerca: In parte entra nella definizione del modello matematico che descrive la spiegazione di partenza, fornisce i metodi per la progettazione dell'osservazione e le tecniche corrette per analizzare il risultato alla luce della formalizzazione data dal modello matematico iniziale.
La Statistica non è una scienza specifica intesa come corpo omogeneo di conoscenze di un campo delle realtà, ma rappresenta il fondamento metodologico della Scienza tutta, e per questo il suo ruolo diventa centrale oggi. La Statistica permette la verifica quantitativa delle decisioni politiche, permette di smontare le bufale, insomma permette il controllo dei valori democratici, soprattutto ora, al tempo della “società dei dati”.
mercoledì 18 novembre 2020
Dati, decisori e Statistica
martedì 3 novembre 2020
Covid-19 la nostra app è sempre attuale
lunedì 19 ottobre 2020
Relativizziamo
Negli ultimi giorni, con il crescere continuo dell'incidenza osservata, assistiamo ad una gara al "confronto". Fra giornalisti e commentatori è forte la necessità di trovare un riferimento alla prima fase dell'epidemia con cui rapportare quello che stiamo osservando oggi. In molti dibattiti televisivi vengono presentati confronti tra dati assoluti che, in generale, hanno davvero poco senso. Questi confronti provano a mettere in relazione la fase attuale con la fase critica dei massimi di fine marzo e inizio aprile, cosa che, a nostro parere (e non solo), non è per nulla valida. Nella prima fase dell'epidemia, i casi di positività al SARS-Cov-2 venivano intercettati tramite "diagnosi" mentre oggi sono intercettati prevalentemente attraverso "screening" e tracciamento.
I confronti devono essere sempre fatti in termini relativi, dove l'aggettivo "relativo" è usato per indicare che le grandezze da confrontare devono essere considerate in "relazione" (rapportate) con la procedura da cui sono derivate. Ad esempio confrontare casi di COVID-19 ha senso solo se questi sono riferiti al numero di tamponi utilizzati. Ma non tutti i tamponi, solo quelli usati per trovare nuovi casi (situazione in cui 1 tampone = 1 persona). Questo serve proprio a controllare le differenze fra una strategia diagnostica e una di screening.
La necessità di analizzare dati relativi, ovvero rapporti fra grandezze tra loro connesse, come quote, proporzioni, tassi, rischi, odds e tutte le loro ulteriori elaborazioni, è stato da sempre un tema centrale dei nostri post e interventi pubblici. In tal senso, se si vuole trovare qualche connessione fra la prima onda e la fase attuale, si dovrebbe partire proprio dal rapporto fra casi positivi osservati e tamponi effettuati.
Nel grafico abbiamo riportato questo rapporto, relativamente ai tamponi totali (in rosso) e ai tamponi per solo test (in blu, escludendo i tamponi di controllo per verificare la negativizzazione al virus). Ricordiamo che nella prima fase dell'epidemia, i dati riportavano solo i tamponi totali, senza scorporo fra tamponi di test e tamponi di controllo. In ogni caso, il rapporto "rosso", nonostante non sia corretto dal punto di vista statistico, è pur sempre informativo della tendenza dell'epidemia poiché rappresenta un limite inferiore al rapporto "blu", che è una stima del "tasso di positività".
Analizzando l'andamento dinamico di questi due rapporti, è chiaro che forse l'unica similitudine che si può intuire è tra la fase iniziale di fine febbraio-inizio marzo e quella attuale. Questo sembra indicare che ci troviamo all'inizio di una seconda fase e dunque ogni confronto con i massimi della prima onda è davvero inconsistente sul piano statistico.
Siamo allora in una fase iniziale di accelerazione del contagio, ma ancora gestibile. Alcune misure restrittive possono essere pesanti per specifiche attività commerciali o del tempo libero, ma sono di gran lunga più sostenibili di una nuova chiusura generalizzata (che rischia di essere l'unica "arma finale" se non si ferma questa risalita) e dopotutto, ai cittadini in generale si richiede davvero poco: portare una mascherina, rispettare il distanziamento fisico, lavarsi spesso le mani. Possiamo farcela, basta provarci sul serio.
lunedì 12 ottobre 2020
Sindemia
Covid-19: oltre l’aspetto epidemiologico, c’è un aspetto sociale. Il 26 settembre scorso, su #Lancet, rivista scientifica tra le più prestigiose e affidabili, si discuteva di un aspetto spesso tralasciato nelle varie analisi sul Covid-19 (https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)32000-6): è davvero una pandemia? Spesso lo diamo per scontato, ma in realtà potrebbe essere una sindemia (parola sconosciuta ai più). La sindemia è definita da Merril Singer negli anni novanta del secolo scorso, “Un'epidemia sindemica o sinergica è l'aggregazione di due o più epidemie o gruppi di malattie simultanei o sequenziali in una popolazione con interazioni biologiche, che esacerbano la prognosi e il carico della malattia.” Il covid-19 potrebbe essere proprio questo. Raramente uccide da solo, lo fa più spesso in concomitanza con altre malattie, disturbi e comunque problemi di salute palesi o nascosti. La maggior parte di queste malattie secondarie sono, in larga parte, legate allo status sociale delle persone. Horton, nella discussione su #Lancet, aggiunge: “La natura sindemica della minaccia che affrontiamo richiede un approccio più sfumato se vogliamo proteggere la salute delle nostre comunità. […] un approccio sindemico porta con sé interazioni biologiche e sociali che sono importanti per la prognosi, il trattamento e la politica sanitaria.”
giovedì 8 ottobre 2020
Niente Panico e mettiamo le mascherine
venerdì 2 ottobre 2020
Andamento di un indicatore dell'OMS: il tasso di incidenza cumulata a 14 giorni
giovedì 24 settembre 2020
Comunicare la scienza in tempi di pandemia
Ogni volta che scriviamo un post, c’è una domanda che immancabilmente ci guida: “Come facciamo a spiegare l’epidemia in modo che anche senza istruzione tecnica si abbia coscienza di cosa sta accadendo?”. In realtà, c’è molto di più dietro questa domanda, c’è il rapporto tra comunicazione scientifica, spesso tecnica e fredda, e comunicazione di massa, guidata da sentimenti e paure. Le riviste scientifiche sono il luogo per comunicare scienza. Un lavoro scientifico di impatto, un lavoro che scuote la comunità scientifica, ha un elevato grado di affidabilità e, generalmente, richiede molto tempo, molto lavoro e molti dati.