È passato un anno dall’inizio della pandemia. Noi siamo riusciti a mettere in piedi un gruppo di ricerca a partire da una chat di Facebook e senza mai incontrarci di persona (o quasi). Abbiamo messo in piedi modelli di monitoraggio e di previsione verificandone l’affidabilità e l’accuratezza, giorno per giorno, prima di renderli pubblici. Li abbiamo fatti valutare e commentare da altri colleghi, che hanno ritenuto fossero validi per essere pubblicati su riviste scientifiche di prestigio. Abbiamo avviato collaborazioni nazionali e internazionali, fatto un quintale di seminari, parlato con i giornalisti, e fatto amicizia con molte persone belle e nuove. Abbiamo insomma armato “una gran caciara” per studiare, proporre, immaginare soluzioni e azioni in questo momento terribile. E siamo solo 5. In Italia ci sono moltissime persone di grande competenza, su svariati temi (disegno campionario ad esempio) e costoro, come noi, riflettono, propongono, immaginano. Cervelli al lavoro in ogni dove, alcune eccellenze internazionali coinvolte, un dibattito scientifico davvero straordinario. Eppure, qualcosa non funziona. Davvero c’è qualcosa che non va. Con tutta questa intelligenza, competenza e tonnellate di idee a disposizione qual è l’unica soluzione al momento disponibile per “gestire” l’epidemia? Chiudere tutto…. Nonostante questa sia la situazione dell’incidenza settimanale nelle varie regioni. Il CTS e di conseguenza il governo, utilizza Rt stimato usando informazioni relative alla Lombardia a inizio marzo 2020 come punto di partenza e altre “finezze” metodologiche che lasciamo stare. Manca la cultura statistica, mancano le competenze adeguate per analizzare i dati. Proposte ne abbiamo. Tutti noi statistici lavoriamo da tempo per metterle a disposizione dei decisori. Sicuri che non ci sia un approccio migliore che l’uso di Rt e di un diagramma di flusso deterministico per decidere della quotidianità di tutti noi?
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