Aprire o non aprire? “Rischio calcolato”, ma da chi e, soprattutto, come? Per valutare il rischio, qualcuno dovrebbe dirci quali sono le attese, con i loro intervalli di confidenza, per decessi, ospedalizzazioni, variazione di PIL, numero di imprese fallite con e senza le aperture programmate.
Leggendo poi i giornali, l’impressione è che qualcuno non sia più ricercatore o scienziato o politico, ma “chiusurista” o “aperturista” a prescindere dai dati.
Chiariamo: la novità è la possibilità di passare in zona gialla, leggermente schiarita dalla cena al ristorante in spazi aperti e dalla scuola in presenza (anche in arancione). Non è un “apri tutto”.
Le restrizioni sono e saranno sempre basate sull’analisi dei dati disponibili a livello regionale. Prendere decisioni a livello provinciale sarebbe la strada da seguire, ma poi chi controlla? Certo vedere la Sardegna zona rossa e la Calabria arancione fa sorgere più di qualche dubbio sul sistema di monitoraggio, ma questa è un’altra, purtroppo la solita, storia di competenze che non vengono utilizzate.
Come evolverà il contagio se viene assegnato il colore giallo aduna Regione che ancora è a rischio? Sappiamo che, spesso, abbiamo chiuso tardi e aperto troppo presto. Sappiamo che in zona gialla c’è la possibilità di un aumento dei contagi.
Le domande che ci poniamo sono due.
1. Quanto inciderà la stagionalità? Questo non possiamo saperlo sulla base dell’esperienza dell’anno scorso: l’anno scorso eravamo in una situazione molto diversa, abbiamo riaperto in estate dopo una lunga chiusura totale.
2. Se anche il contagio si dovesse diffondere maggiormente in termini assoluti, quanto incideranno le vaccinazioni fatte fino ad ora nel ridurre decessi e ospedalizzazioni? Ci si può facilmente aspettare un incremento dell’incidenza principalmente riservato alle età più giovani, che attualmente sembrano correre un rischio maggiore rispetto ad un anno fa.
Analizzare la distribuzione per età dei ricoveri, il network di contagio, la durata della degenza, ecco cosa ci potrebbe dare risposte ad entrambe le domande. I dati? Non sono pubblici, molti non vengono raccolti in maniera corretta o non sono registrati affatto.
Ci interroghiamo anche su quanti morti dovremo ancora contare ogni giorno. In tal senso la vaccinazione sta mettendo al riparo i più fragili e gli anziani. Ancora è presto per trarre conclusioni, ma il tasso di letalità è diminuito, e gli esempi di Israele e UK sono di ottimo auspicio. Certo che con 300 morti al giorno è difficile parlare di ritorno alla normalità. Visti i tassi di vaccinazione un paio di mesi ancora ci vogliono per raggiungere una proporzione sufficiente di prime dosi, più i tempi per l’immunità, più i tempi per vedere un effetto sulla curva dei decessi.
E allora? Davvero dopo 15 mesi di analisi dell’evoluzione dell’epidemia c’è chi grida allo scandalo per l’istituzione nuovamente della zona gialla? Sì, è vero, sarà una zona gialla un po’ diversa. Però, diciamolo, anche le zone rosse di queste ultime settimane sono state molto meno rosse che in passato; anzi, di rosso c’era solo che i ristoranti e le scuole restavano chiusi.
I ragazzi/bambini sono spesso asintomatici e vengono mandati a scuola senza alcun timore. Basterebbe fare tamponi in modo continuativo per ridurre il rischio. Troppi costi, troppo tempo? Esistono modi per ridurre costi e tempi. Elaborare i tamponi in gruppi. Elaborare strategie di screening per priorità di rischio. Modulare la frequenza di screening in base all’incidenza osservata. Il modo per risparmiare senza ridurre l’efficacia del monitoraggio, c’è.
E alla fine di tutto, se non si fanno controlli a tappeto possiamo stare qui a parlare quanto vogliamo, ma non ci sarà mai alcun modo di contenere il contagio.
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