Un aspetto che è stato spesso trascurato in queste settimane, nella comunicazione di informazioni statistiche riguardanti la pandemia da Covid-19, è il riferimento dei dati sui vari aspetti del fenomeno (positivi, decessi, guariti, ricoverati in terapia intensiva, ecc.) alla dimensione delle popolazioni residenti nelle varie regioni d’Italia. I numeri assoluti hanno una loro importanza, soprattutto quelli che fanno riferimento a risorse limitate come i posti di terapia intensiva, ma rischiano di non far capire l’ordine di grandezza e gli andamenti dei fenomeni riportati alle dimensioni delle popolazioni esposte al rischio. E’ del tutto evidente, per fare un esempio, che 100 decessi per Covid-19 non hanno lo stesso significato in una regione di dieci milioni di abitanti (come la Lombardia) ed in una di trecentomila abitanti (come il Molise)…
Con questo in mente sono parecchi giorni che riflettiamo sulle varie idee in circolazione relative alla cosiddetta “Fase 2”. Ad oggi andiamo da proposte del tipo “meglio morti che poveri” a “meglio tutti a raccogliere bacche”. Data la centralità dell’aspetto “mortalità da Covid-19", vi proponiamo, nel grafico riportato qui sotto, le curve di andamento nel tempo dei decessi registrati, relativizzati alla popolazione residente ed espressi quindi come “decessi per 100000 abitanti”. Le curve sono ottenute mediante modelli semi-parametrici *. Utilizzando questi modelli, abbiamo potuto aggregare le venti regioni italiane in quattro “macro-raggruppamenti”**, sia dal punto di vista dell’ordine di grandezza del fenomeno “decessi per Covid-19 per 100000 abitanti” sia dal punto di vista della dinamica temporale. Nel grafico riportiamo delle "bande di confidenza"*** che ci permettono di dire quando due fenomeni sono davvero diversi o meno.
E’ chiaro da questo grafico che il Covid-19 non rispetta i confini regionali, ma caratterizza invece quattro grandi aree omogenee in Italia, con quattro andamenti temporali e quattro ordini di grandezza diversi. Simili andamenti in molti casi si osservano anche per gli altri indicatori (casi, occupazione posti di terapia intensiva, ecc.). E’ nostra opinione che questa diversità dovrebbe riflettersi anche nella tempistica della sostituzione del sostanziale isolamento a casa (“lockdown”) con altre misure di distanziamento sociale e prevenzione quali il rispetto della distanza minima nei luoghi chiusi, il divieto di assembramenti, i test diagnostici ai primi sintomi, il tracciamento elettronico, ecc. (la cosiddetta “Fase 2”). Se si deve decidere la progressiva, prudente riapertura delle attività produttive e sociali in base al possibile impatto che tale riapertura può avere sugli indicatori (in particolare, in questo caso, di mortalità), la diversità sostanziale fra macro-aree regionali dovrebbe essere uno dei criteri guida.
**macro-raggruppamenti regionali: G1 (andiamo molto male) Lombardia e Valle d’Aosta, G2 (male ma in ripresa) Piemonte, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Liguria, Marche; G3 (dai che ce la facciamo) Veneto, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Toscana; G4 (fuori dai guai) il resto d’Italia.
***le bande sono costruite sommando e sottraendo ai valori della curva 2 x errore standard dato dal modello
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